La genitorialità è una funzione autonoma e processuale dell’essere umano ed è preesistente all’azione di concepire che ne è soltanto una espressione fondamentale ma non necessaria. Utilizziamo infatti la genitorialità anche nell’interpretazione dei bisogni, nella protezione e nell’accudire l’altro, ricavandone piacere o delusione, senso di arricchimento o svuotamento, calore o rabbia, di autostima o auto-disprezzo, con arricchimento o impoverimento della nostra personalità, non solo con i figli o con le persone a noi più vicine, ma anche nel mondo professionale, nelle professioni di aiuto per ruolo mentre nelle altre, per scelta (Cramer e Palacio-Espasa, 1993).
Il significato del termine genitorialità è, in questi ultimi anni, continuamente in evoluzione. Sempre maggiore diventa la sua complessità e sempre più ramificato il suo intrecciarsi con altri aspetti della ricerca clinica e psicologica. Semplificando possiamo storicamente partire da una visione psicopedagogica della genitorialità per arrivare alle ipotesi odierne che la considerano, in termini psicodinamici, una parte essenziale della personalità di ogni adulto. Una prima concezione, che possiamo definire psicopedagogia vede la genitorialità come il lungo e continuo apprendistato per imparare l’arte di essere genitori. Genitorialità è, in questa accezione, il processo dinamico attraverso il quale si impara a diventare genitori capaci di prendersi cura e di rispondere in modo sufficientemente adeguato ai bisogni dei figli, bisogni che sono estremamente diversi a seconda della fase evolutiva (Visentini, 2004-2005).
La genitorialità è una funzione che ha come obiettivo quello di garantire il mantenimento della specie. Da un punto di vista psicologico, si attiva ed evolve come funzione relazionale autonoma basata su rappresentazioni arcaiche interattive dei genitori evocate nell’ hic et nunc della relazione con un determinato bambino, che con il proprio personale bagaglio, le riattiva in maniera diversa e modulata, in situazioni e tempi successivi della vita (Lebovici, 1983).
Si tratta di una funzione di importanza centrale nello sviluppo dell’individuo, in quanto luogo dove ha origine la vita, in senso psichico prima e fisico poi. La nascita di un figlio è il risultato di un passaggio dall’astratto al concreto. Da un punto di vista generale, la genitorialità è anche una funzione dell’essere umano che si sviluppa indipendentemente dall’essere genitore. Il desiderio di prendersi cura di qualcun altro è un desiderio che si manifesta precocemente e che trova espressioni diverse a seconda delle modalità immaginative e rappresentative che sono a disposizione dell’individuo nei vari momenti dello sviluppo. I primi abbozzi comportamentali di tale funzione si evidenziano nel momento stesso in cui il bambino, piccolissimo e ancora nel seggiolone imboccato dalla mamma, per identificazione con l’adulto che lo cura e rendendosi conto delle necessità alimentari di chi lo nutre, prende il cucchiaio con cui è nutrito e tenta a sua volta di imboccare l’altro. Negli anni il bambino svilupperà tale funzione progressivamente, giocandola su un piano fantasmatico e concreto, tramite continue identificazioni con gli adulti di riferimento e con il gruppo dei pari (Fava Vizziello, 2003).
Una concezione più psicologica vede invece la genitorialità come parte fondante della personalità di ogni persona. E’ uno spazio psicodinamico che inizia a formarsi nell’infanzia quando a poco a poco interiorizziamo i comportamenti, i messaggi verbali e non-verbali, le aspettative, i desideri, le fantasie dei nostri genitori. Ognuno di noi possiede un “genitore interno” che è formato da tutte le interazioni reali e/o virtuali con le figure adulte significative che si sono occupate di noi. Da questo genitore interno dipendono in gran parte i nostri giudizi su noi stessi e i modelli relazionali che usiamo per rapportarci con gli altri (Berne, 1971).
Le teorie dell’attaccamento seguono questa linea. L’attaccamento può essere interpretato come un fenomeno globale che non interessa soltanto la qualità delle relazioni infantili ma coinvolge il loro significato dalla prima infanzia all’età adulta (Visentini, 2004-2005).
Erikson ritiene che la forza acquisita in ciascuno stadio di sviluppo si riveli nell’esigenza di trascenderlo e di rischiare nel successivo quelli che precedentemente costituivano gli elementi più vulnerabili e preziosi (Erikson, 1966). In quest’ottica si può forse parlare di genitorialità come di uno stadio evolutivo. Lo stadio definito da Erikson come generatività è l’aspetto evolutivo più importante poiché implica tutti quegli sviluppi che hanno fatto dell’uomo un essere che si “occupa di”. La generatività sarebbe quindi il culmine dello sviluppo psicosessuale e psicosociale.
E’ il trasferimento del legame di attaccamento dalle figure genitoriali verso il partner e il passaggio da una modalità unidirezionale che è l’essere oggetto di cura, ad una modalità reciproca del prendersi cura gli uni degli altri, che rappresenta il ponte verso la generatività, cioè la capacità di dare origine ad un’altra vita, ad un nuovo essere di cui prendersi cura in modo unidirezionale. In questo senso la genitorialità rappresenta il momento evolutivo più maturo della dinamica affettiva in cui convergono tutte le esperienze, le rappresentazioni, i ricordi, le convinzioni, i modelli comportamentali e relazionali, le fantasie, le angosce, i desideri della propria storia affettiva.
Come ogni compito evolutivo, come ogni stadio, la genitorialità è una fase della propria crescita psicologica e relazionale contrassegnata da ambivalenze, difficoltà, contraddizioni, ricerche, crisi, integrazioni, frammenti. Il termine “genitorialità” quindi non implica solo l’essere genitori reali ma è uno spazio psicodinamico autonomo che fa parte dello sviluppo di ogni persona. Ovviamente, l’evento reale della nascita di un figlio, attiva in un modo particolare e molto intenso questo spazio mentale e relazionale, rimettendo in circolo tutta una serie di pensieri e fantasie legati in particolare al proprio essere stati figli, alle modalità relazionali ritenute più idonee, ai modelli comportamentali da avere (Visentini, 2004-2005). Un modo per capire la complessità e la vastità di ciò che definiamo genitorialità è analizzare le sue funzioni, i suoi modi di esprimersi.