Ridere è una cosa seria

ridere è una cosa seria
La risata, così come il sorriso, è un processo in cui, in risposta a un determinato stimolo che viene percepito comico, si produce un vissuto di piacere. La risata è un comportamento istintivo programmato dai nostri geni, nel quale emettiamo suoni, eseguiamo movimenti ed esprimiamo sentimenti. Tale comportamento motorio viene governato dalla parte più primitiva del nostro cervello. La risata è peculiare degli esseri umani. Anche le scimmie ridono, se solleticate oppure sotto l’effetto dell’alcool, ma la struttura armonica delle loro risate differisce da quella degli esseri umani, a causa degli stessi meccanismi neuromuscolari che sono differenti negli uomini e nei primati e che consentono solo ai primi di parlare. Esiste, tuttavia, anche tra i singoli individui una estrema variabilità nel modo di ridere, così come nella diversa suscettibilità agli stimoli umoristici.

Cosa rende uno stimolo umoristico? Esistono diverse teorie che cercano di spiegare l’essenza comica degli stimoli umoristici. Un primo gruppo di teorie sostiene che l’elemento della sorpresa sia il responsabile della comicità di uno stimolo. Un secondo gruppo afferma che l’incongruità interna di uno stimolo sia ciò che lo rende divertente. L’incongruità di per sé, però, non è sufficiente per stimolare la risata, ma necessita di un grado di intelligenza tale da coglierla e interpretarla. Un terzo gruppo di teorie ritiene che tutti gli stimoli umoristici siano tali perché hanno un contenuto sessuale oppure aggressivo, che provocano ilarità, in quanto sono in grado di sospendere momentaneamente l’inibizione indotta dalla censura sociale, costituendo un valido sfogo sostitutivo. Allo stadio attuale delle ricerche non esistono prove della validità assoluta di un gruppo di teorie o di un altro. Probabilmente, esse non si escludono a vicenda nella misura in cui, per suscitare ilarità, possono essere necessari vari elementi quali la sorpresa, l’incongruità e forse, talvolta, l’aggressività.

A cosa “serve” ridere? Esistono due posizioni fondamentali, quella in cui si sostiene il valore aggressivo della risata e quella in cui si sottolinea il valore sociale del ridere. Secondo la prima posizione, la funzione principale dell’umorismo sarebbe quella di rendere ridicoli se stessi o gli altri, come si verifica ad esempio nella satira politica o per manifestare la nostra superiorità, come quando si ride delle disavventure altrui. La seconda posizione, che è sostenuta dai risultati della ricerca condotta dalla Francescato, valorizza la funzione comunitaria di tale comportamento. Non a caso, si tende prevalentemente a ridere in compagnia, per lo più tra amici, familiari o colleghi di lavoro, più che da soli, di eventi e situazioni che, in sé, non hanno una connotazione umoristica, ma l’assumono proprio per le circostanze di condivisione in cui si verificano e che sono tali solo per coloro che fanno parte di tali gruppi di conoscenti. Le risate possono, a loro volta, favorire ulteriormente i rapporti, sciogliendo le eventuali tensioni, diminuendo l’ostilità, accentuando la complicità, il senso di condivisione e la serenità degli individui.

Chi ride e perché? Ognuno di noi ha un diverso atteggiamento nei confronti degli stimoli umoristici. Questo è correlato non solo alle proprie disposizioni personali, ma anche all’ambiente in cui si è stati allevati: esiste una correlazione positiva tra l’essere vissuti in famiglie in cui viene ampiamente utilizzato lo humour e il suo impiego successivo nella propria vita, con gli amici e con il partner. In relazione alle caratteristiche della personalità, gli estroversi preferiscono le battute semplici e le barzellette a sfondo sessuale.
Gli introversi invece prediligono le battute più complesse e le storie non a sfondo sessuale. Inoltre più le abilità cognitive e intellettive sono affinate, tanto maggiore sarà la preferenza per un numero più ampio di stimoli umoristici, oltre che per una loro più profonda complessità.
Coloro che hanno una autostima elevata e un senso elevato di controllo sugli eventi della vita apprezzano vari tipi di humour e utilizzano un’ampia gamma di stimoli umoristici.
I fatalisti invece prediligono e utilizzano l’umorismo aggressivo, che li fa sentire superiori e consente loro di scaricare le tensioni. Il loro rancore, unito al senso di inferiorità che vivono, li induce a preferire barzellette contro gruppi etnici, categorie e classi professionali specifiche.
I conservatori preferiscono lo humour basato sulle incongruità, i nonsense e l’umorismo a sfondo sessuale.
Gli innovatori, d’altro canto, apprezzano i nonsense, lo humour a sfondo sfumato, incerto, passibile di interpretazioni differenti.
Le persone con tratti depressivi si definiscono poco spiritosi, fanno poche battute, per timore di offendere gli altri, ridono raramente, in quanto sono poche le situazioni che suscitano ilarità in loro, non amano particolarmente fare scherzi, preferiscono la comicità basata sull’equivoco e tendono a ridere in situazioni imbarazzanti o per gesti maldestri.
Le persone fobiche utilizzano poco l’umorismo, anche se sono convinti che potrebbero trarre notevoli vantaggi da esso. Complessivamente, hanno un atteggiamento negativo nei suoi confronti e lo utilizzano soprattutto per aggredire gli altri.
Relativamente alle differenze di genere, le donne preferiscono lo humour passivo, cioè le situazioni in cui gli altri le facciano ridere. Esse preferiscono stimoli umoristici che si basino su situazioni ambigue, i giochi di parole, l’autoironia, la satira politica e gli eventi buffi che possono accadere quotidianamente. Gli uomini invece preferiscono fare ridere, in quanto gradiscono essere al centro dell’attenzione, venire apprezzati e fare contenti gli altri. Amano in modo particolare i film comici, la satira sportiva, le barzellette, anche a contenuto aggressivo o che sviliscono particolari gruppi sociali, professionali o etnici. Anagraficamente, i giovani al di sotto dei 30 anni tendono a ridere prevalentemente per quanto accade loro nella vita quotidiana, nel prendersi in giro e nel fare scherzi. Gli ultracinquantenni, invece, ridono soprattutto di fronte agli spettacoli televisivi, ai film comici o al racconto delle barzellette. Inoltre i giovani sembrano ricercare attivamente le occasioni che suscitano ilarità, mentre per le persone più attempate sembra che esse diventino sempre più rare nel tempo.

Ridere è salutare? Una risata provoca una serie di effetti fisiologici (l’aumento del livello dell’ormone cortisolo, la produzione di endorfine, la contrazione e la successiva distensione della muscolatura volontaria e involontaria, l’aumento e poi il rallentamento rapido del battito cardiaco, l’ossigenazione del sangue) a cui si sommano quelli psicologici, quali il senso di attivazione generale, di benessere e di euforia. Tali effetti benefici sono stati studiati anche a livello ospedaliero, sembra che il ridere abbassi la percezione del dolore, innalzando la soglia del dolore. Questo può essere dovuto alla vasocostrizione periferica, che diminuisce la sensibilità dei recettori cutanei e quindi, la sensibilità al dolore, oppure alla risoluzione delle incongruenze cognitive, che sembra creare un vissuto di padronanza della situazione vissuta e diminuire lo stress a essa connessa. È anche possibile che l’effetto analgesico sia il risultato della sinergia di tutti questi meccanismi.

 

 

 

“Ridere è una cosa seria”, Donata Francescato, Mondadorihttp://www.humantrainer.com/articoli/anna_fata_psicologia_ridere_a_.html

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