Bion quando parla dell’apparato “per pensare i pensieri” descrive una struttura che è conseguenza delle relazioni con l’Altro: pensare, apprendere, conoscere, crescere, è possibile solo se esiste una relazione, che costituisce l’elemento fondante della mente. Qualunque processo conoscitivo è per Bion intrinsecamente relazionale.
La teoria del contenimento si basa sulla relazione metaforica della madre col lattante che sottostà a livello fantasmatico a quella analista- paziente.
La nascita è considerato il trauma primitivo, il prototipo di tutte le angosce; costituisce un cambiamento radicale, brusco, un cambiamento catastrofico in quanto perdita del primo contenitore (il grembo materno).
Il bambino ha allora bisogno, in sostituzione del contenitore biologico, di un altro contenitore, che non sarà più la madre in senso corporeo, ma la madre in senso psicologico e relazionale.
Il contenitore non è una cosa ma un processo: è la capacità di fare il lavoro psicologico inconscio del sognare, la capacità di pensare in modo preconscio, e la capacità di un pensiero più pienamente conscio.
Il contenimento materno consiste nella capacità empatica di entrare in sintonia coi bisogni del bambino, coi suoi aspetti emozionali profondi, chiamata capacità di rêverie. Il rapporto madre-bambino diventa sempre meno biologico e sempre più psichico; la madre attraverso la sua funzione alfa riceve e trasforma gli stati sensoriali grezzi del bambino (elementi beta), restituendoglieli trasformati. Gli elementi beta non sono pensabili, non sono simbolici, non possono essere legati gli uni agi altri per creare significati. Possono solo venire accumulati, o evacuati attraverso il meccanismo dell’identificazione proiettiva; se questo avviene in presenza di una madre attenta ed empatica, tali elementi vengono collocati nella madre che metabolizza le componenti intollerabili e incontenibili per il bambino. La rêverie è lo strumento con cui la madre accoglie e comprende le comunicazioni affettive del bambino.
Il bambino quindi introietta anche una mente che pensa, cioè un oggetto capace di contenere e affrontare l’angoscia e questo permette lo sviluppo della sua stessa capacità di pensare. E’ in questa interazione con la mente dell’Altro che si costituisce la “capacità di pensare i pensieri”. Quindi la possibilità di pensare è una funzione della relazione.
Nella coppia madre-figlio, come in quella analista-paziente, avviene uno scambio definito da Bion come rapporto fra contenitore e contenuto in cui elementi beta vengono proiettati nella madre-contenitore per poi essere reintroiettati una volta che abbiano perso gli aspetti angoscianti. L’analista elabora interiormente l’identificazione proiettiva del paziente: attraverso la sua rêverie coglie, sogna, trasforma e dà un significato alle identificazioni proiettive del paziente.
Nella pratica psicoanalitica, il terapeuta deve essere il contenitore di tutte quelle emozioni o esperienze sensoriali che il paziente non riesce ad elaborare o digerire da solo, per poi restituirgliele prive di significati angoscianti. In questo modo il paziente può ampliare la propria funzione alfa, per creare elementi ora utilizzabili per il lavoro psicologico inconscio, preconscio e conscio, come il pensare, sognare, fare rêverie e apprendere dall’esperienza.
Secondo Bion la capacità di sognare è una forma della funzione alfa, se una persona non è in grado di trasformare i dati sensoriali grezzi in elementi inconsci dell’esperienza (elementi alfa) è incapace di sognare. I dati grezzi vissuti nel sonno sono indistinguibili da quelli che avvengono nello stato di veglia, e questa situazione corrisponde a patologia. Il sogno implica infatti un lavoro psicologico inconscio che diventa impossibile senza elementi dotati di un significato. L’opposto di un buon sogno non è un incubo ma un sogno che non può essere sognato.
Una mente funzionante è una mente che crea continuamente immagini ( elementi alfa) dalle protoemozioni, che metabolizza: crea pensiero onirico e da questo sogni e pensiero.
L’esperienza di essere compresi profondamente da qualcuno è un’esperienza bonificante, in questo consiste l’essenza del lavoro psicologico, non tanto nel “fare” qualcosa ma nel saper ascoltare, comprendere e contenere, e passare queste funzioni trasformative alla mente del paziente. Il compito della terapia è aiutare il paziente a fare quei sogni che non è stato capace di fare e che si sono trasformati in sintomi.
Ogden, T., L’arte della psicoanalisi. Sognare sogni non sognati, Cortina Editore, 2008
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