Knight (1953) descrive nei casi al limite la predominanza dei processi primari su quelli secondari di pensiero come tratto psicodinamico fondamentale, sottolinea come questi pazienti nascondano, dietro un apparente funzionamento tipicamente nevrotico, una “regressione” e una severa debolezza dell’Io, posizionando la loro patologia al confine tra nevrosi e psicosi .
Kernberg (1975) parla di una organizzazione borderline di personalità riferendosi a una serie di patologie che hanno in comune alcuni specifici tratti psicopatologici. Il più basilare è la diffusione di identità, caratterizzata da difficoltà croniche a valutare in maniera integrata le proprie motivazioni, comportamenti e interazioni interpersonali, nonché le motivazioni e le caratteristiche degli altri. Questo è alla base di difficoltà interpersonali croniche, interazioni caotiche nei rapporti intimi, e del fallimento nell’instaurare rapporti empatici. Clinicamente la diffusione di identità fa riferimento ad una scarsa integrazione tra il Sé e gli oggetti significativi; si manifesta con esperienze soggettive di vuoto cronico, percezioni contraddittorie del Sé, comportamento oscillante che non può essere emotivamente integrato, una visione degli altri piatta, superficiale ed impoverita.Il disturbo borderline di personalità viene definito dal DSM-IV-TR come una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore ed una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti come indicato dalla presenza di alcuni dei seguenti criteri:
1) sforzi disperati per evitare un reale o immaginario abbandono.
2) un quadro di relazioni interpersonali instabili ed intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione.
3)alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili.
4) impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, (quali spendere eccessivamente, sesso promiscuo, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate).
5) gesti e comportamenti suicidari oppure autolesionismo.
6) instabilità affettiva dovuto ad una marcata reattività dell’umore (es. episodica intensa disforia, irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore e, raramente, più di pochi giorni).
7) sentimenti cronici di vuoto.
8) rabbia immotivata ed intensa o difficoltà a controllare la rabbia (es. ira o rabbia costante, ricorrenti scontri fisici).
9) ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.
La classificazione del PDM comprende individui “borderline tranquilli” con un funzionamento più sul versante schizoide, inibito o depressivo, che non si comportano nei modi gravemente distruttivi descritti nel DSM. Sul versante delle condotte impulsive è di particolare importanza l’abuso di sostanze. Il PDM offre una buona descrizione nell’asse P: elementi del disturbo narcisistico del tipo depressivo/svuotato come bassa autostima, vergogna, disprezzo e invidia come affetti principali, credenza patogena che gli altri apprezzino solo ricchezza, successo e bellezza e idealizzazione e svalutazione come difese principali.
Un altro aspetto fondamentale descritto da Kernberg riguarda l’uso di difese primitive che hanno il nucleo fondamentale nel meccanismo della scissione. Le difese primitive danno luogo a comportamenti imprevedibili, impulsività, tendenza ad attribuire colpe, arroganza, e a una mancanza di controllo degli impulsi, e a un’incapacità di modulazione degli stati d’animo, in particolare ansia, depressione e collera.
L’utilizzo del diniego garantisce al soggetto di poter ignorare i sentimenti buoni che nutre verso l’oggetto quando quelli cattivi dominano la sua coscienza (Fonagy e Target, 2005).
Ogden (1992) fornisce un contributo sulla modalità di esperienza schizo-paranoide: una modalità del sentire a due dimensioni in cui i pensieri e i sentimenti non sono sperimentati come creazioni personali, ma come fatti, cose in sé, che esistono e basta. Secondo l’autore la sicurezza in questa fase dipende dal separare ciò che è minacciato da ciò che minaccia e le difese utilizzate sono declinazioni dello stesso meccanismo di protezione. Particolare rilevanza ha l’identificazione proiettiva: il desiderio di liberarsi di una parte del Sé, sentita come minacciosa o in pericolo; la proiezione di parti cattive conduce a vissuti persecutori, mentre la proiezione di parti buone conduce all’idealizzazione dell’oggetto, svalutazione del Sé e bisogno di controllare l’oggetto delle proiezioni .
Una terza caratteristica dell’organizzazione borderline di personalità secondo Kernberg è la difficoltà ad esercitare l’esame di realtà. Lo stato limite si inquadra soprattutto come una patologia dello sviluppo narcisistico e quindi l’Io non ha potuto accedere ad una relazione oggettuale genitale. La relazione è rimasta centrata su una dipendenza anaclitica e il pericolo dal quale si difendono questi pazienti è la depressione. E’ un’angoscia di perdita dell’oggetto. Anche Grumberger (1977) inquadra lo stato al limite in una linea narcisistica, non genitale: narcisismo, fallo, ideale dell’Io, ferita narcisistica, angoscia di perdita dell’oggetto, depressione; a differenza della linea genitale della nevrosi classica: Edipo, pene, Super-Io, conflitti sessuali, senso di colpa, angoscia di castrazione, sintomi.
Cancrini (2006) sostiene che nel funzionamento borderline gli oggetti totalmente buoni e totalmente cattivi si alternano a rappresentazioni corrispondenti del Sé, dalla sensazione trionfante di onnipotenza a quella dolorosa dell’impotenza; caratteristica del funzionamento è l’oscillazione fra queste rappresentazioni e i loro correlati affettivi.
Il Super-Io non può formarsi in maniera completa poiché l’Edipo, mal affrontato, non può apportare i suoi elementi maturativi. Il narcisismo rimane fragile, esiste un eccessivo bisogno di comprensione, di attenzione e di affetto; l’oggetto viene visto in maniera ambivalente, contemporaneamente come ciò che proibisce (Super-Io ausiliario) e ciò che protegge (Io ausiliario). In questi pazienti c’è un Ideale dell’Io puerile e grandioso, che viene a sostituire per gran parte il Super-Io. Dal punto di vista maturativo questo Ideale è molto più arcaico del Super-Io; queste personalità sono quindi fragili, affrontano la vita con l’ambizione smisurata di far bene per non perdere l’amore dell’oggetto. Ogni frustrazione non porterà né al ridimensionamento di sé né alla colpa, ma alla vergogna o al disgusto di sé che potrà poi essere proiettato sugli altri. La diagnosi di personalità borderline è ormai diventata di uso comune, oggi viene usata per descrivere una vasta gamma di pazienti; la diagnosi di personalità borderline, collocandosi a metà strada tra le nevrosi e le psicosi, è stata occasione di scontro tra discipline diverse, ma ha anche aperto il dialogo, favorendo maggiore comunicazione, e ha portato fruttuose riflessioni nel campo della clinica, modificando i paradigmi di intervento classici per abbracciare anche un disturbo dai contorni complessi e sfaccettati.
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