Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Mi è sempre piaciuta questa poesia, anche se Montale parla della moglie, amata e scomparsa, mi trovo a pensare come questa immagine si ritrovi anche nella psicoterapia, dove il terapeuta in qualche modo fa da guida al paziente, che metaforicamente “non vede bene” nell’intrigo delle sue sofferenze, ma in fondo è lui che vede in se stesso meglio di chiunque altro, ed è lui che guida il terapeuta alla scoperta del suo mondo interno indicandogli, in modi più o meno evidenti, la strada da seguire. Quindi come nella poesia, i ruoli si mischiano, in effetti il miglior conoscitore di sé stesso è proprio il paziente, e il terapeuta diventa un fedele alleato e compagno di viaggio, aiutandolo a disegnare nuove mappe di territori magari ancora inesplorati, scendendo milioni di scale, insieme, dandosi il braccio, verso nuovi e più ampi confini.
La metafora è eccellente…’il non vedere’ a causa delle sofferenze inflitte dalla vita, dalla ripetizione di copioni o altro è uno scotto che pagano anche in troppi
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L’ha ripubblicato su La solitudine del Prof.
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Anche a me è sempre piaciuta da quando l’ho sentita per la prima volta in quinta elementare.
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E’ una poesia che porto nel cuore…
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Anche per me è una poesia del cuore, più dolorosa per la lontananza dalla mia Genova… ❤️
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🙏🌺🤗🌹
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🥰🤗🌷
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