La teoria dei Modelli operativi interni formulata da Bowlby offre una rilettura del concetto di “coazione a ripetere” con cui Freud esprime uno dei principi fondamentali della teoria psicoanalitica: gli adulti ricreano nei rapporti interpersonali della propria vita le esperienze relazionali che hanno sperimentato nell’infanzia. La continuità e la ripetizione delle relazioni implicano l’esistenza negli individui della capacità di interiorizzare e perpetuare modelli di relazione. I Modelli operativi interni permettono di comprendere i complessi processi attraverso cui gli schemi relazionali di attaccamento tendono sempre più a diventare patrimonio mentale del bambino stesso. Bowlby fornisce un’ipotesi interpretativa di tale processo: la ripetizione delle relazioni si verifica perché l’esperienza interna ed il comportamento nelle relazioni sono strutturati secondo modelli operativi interni o modelli rappresentazionali del Sé, della figura di attaccamento e, per estensione, degli altri. Per Bowlby l’organismo umano, fin dalla nascita, non è un’entità isolata spinta dalle pulsioni in cerca di un oggetto sul quale scaricare la tensione accumulata, ma una persona in relazione ad altre persone. La relazione con il mondo di ogni individuo è determinata non solo da fantasie inconsce, ma anche da modelli operativi interni che includono elementi affettivi, cognitivi e comportamentali legati alla sua esperienza.
Nel suo pensiero il bambino possiede una “predisposizione biologica” a sviluppare un legame di attaccamento nei confronti di una sola persona, quella che si prende cura di lui ; tale predisposizione è geneticamente determinata e filogeneticamente trasmessa perché funzionale alla sopravvivenza dell’individuo e della specie. Lo stile di attaccamento che il bambino sviluppa dipende strettamente dalla “qualità” delle cure materne ricevute. In secondo luogo che lo stile dei primi rapporti di attaccamento influenza in misura considerevole l’organizzazione precoce della personalità e soprattutto il concetto che il bambino avrà di sé e degli altri. Bowlby ipotizza che gli esseri umani possiedano, all’interno della loro mente, due diversi tipi di modelli del mondo circostante che consentono loro predizioni corrette e azioni adeguate sull’ambiente: un modello “ambientale”, che informa sulle cose e sugli aspetti del mondo circostante, e un modello “organismico”, che riguarda l’individuo nei suoi rapporti con gli altri e con l’ambiente. L’individuo sviluppa e si porta dentro una mappa di come vede e percepisce sé stesso, gli altri e le sue relazioni: “Nel modello operativo del mondo che ognuno si costruisce, una caratteristica chiave è la nozione che abbiamo di chi siano le figure di attaccamento, di dove possano essere trovate e di come ci si può aspettare che rispondano. Similmente, nel modello operativo di se stessi che ognuno di noi si costruisce, una caratteristica chiave è la nostra nozione di quanto accettabili o inaccettabili noi siamo agli occhi delle nostre figure di attaccamento” (Bowlby). I modelli operativi si costruiscono nel corso dello sviluppo del bambino come frutto dell’interiorizzazione di ripetute esperienze interattive, attraverso le quali egli arriva a predire la realtà, a mettersi in relazione con essa e a costruirsi opinioni su di sé e sugli altri. Secondo la teoria di Bowlby, fin dai primi mesi di vita, il bambino impara a riconoscere delle invarianti all’interno delle sue interazioni con la persona o le persone che lo accudiscono, in modo tale che, molto prima di essere in grado di esprimere significati attraverso le parole, apprende un certo numero di strategie che governano la relazione ed ha già a sua disposizione una coerente organizzazione di emozioni e di patterns di azione che vengono a costituire il suo modello operativo interno e che lo guidano saldamente verso i due compiti essenziali dell’infanzia: rimanere a contatto con le sue figure di attaccamento e imparare a crescere servendosi di esse. I modelli operativi dell’individuo si basano, quindi, sulle esperienze passate, sulle aspettative relative alla disponibilità e alle probabili risposte della figura di attaccamento ai propri bisogni e, infine, sulle anticipazioni relative al proprio comportamento e al proprio Sé in relazione con la figura di attaccamento. In situazioni in cui avvertono minacciata la sicurezza personale gli individui con attaccamento sicuro si aspettano che la figura di attaccamento, e più in generale gli altri, si mostreranno sensibili alle loro richieste di aiuto, disponibili a venire in loro soccorso e capaci di dare risposte adeguate alle loro esigenze. Di conseguenza, svilupperanno un’immagine di sé come degni di amore, capaci di tollerare separazioni temporanee e di far fronte alle difficoltà, e la sensazione che le proprie esigenze di conforto hanno valore, significato e potranno essere ascoltate. Al contrario, nelle persone con attaccamenti insicuri, i modelli operativi interni convogliano una rappresentazione della figura di attaccamento come non disponibile alle richieste di aiuto e conforto, rifiutante, distante e ostile , o imprevedibile e inaffidabile, quindi attivano parallelamente un’ immagine di se’ come non meritevole di amore, attenzione e affetto e che, in caso di necessità, non potranno far conto che su loro stessi, attivando meccanismi difensivi di negazione del loro bisogno, oppure un modello mentale di sé come vulnerabili , impotenti e costantemente a rischio, incapaci di far fronte da soli alle difficoltà della vita. L’individuo sviluppa quindi, nel corso delle interazioni ripetute, un modello assai complesso della figura di attaccamento e, parallelamente, di sé stesso; se ha costruito un modello operativo interno della figura di attaccamento come amorevole, disponibile ed attenta ai suoi bisogni, interiorizzerà un modello complementare di sé come degno e meritevole di cure, esiste dunque una stretta connessione tra esperienza di cure e sviluppo dell’immagine di sé e dell’autostima. Secondo Bowlby aver sperimentato figure di accudimento sensibili e disponibili favorisce un atteggiamento fiducioso verso le relazioni umane e un sentimento di sé positivo, mentre avere avuto figure di accudimento inadeguate genera scarsa fiducia in sé e negli altri e aspettative negative riguardo alle relazioni intime. Una dipendenza sicura dal caregiver quindi, fornisce al bambino le basi per la fiducia in se stesso, che porterà a sviluppare la propria autonomia e a ricreare questa forma di dipendenza sicura anche nelle future relazioni interpersonali. I modelli operativi interni costituiscono degli schemi cognitivi, emotivi ed affettivi che svolgono una funzione di filtro nell’elaborazione delle informazioni che provengono dall’ambiente e che, conseguentemente, guidano il comportamento e organizzano le emozioni. Essi fanno sì che, fra i molti segnali che gli provengono dall’ambiente, l’individuo elabori solo quelli che risultano congruenti con i modelli operativi che egli si è formato nel corso del suo sviluppo, tali modelli fanno sì, inoltre, che l’individuo organizzi i propri ricordi sulla base di questi schemi.
In altre parole, i modelli operativi interni costituiscono una rappresentazione mentale dinamica, che, una volta organizzata, opera al di fuori della coscienza, strutturando e organizzando le percezioni, le interpretazioni e i significati da attribuire alle diverse esperienze, e tende a restare abbastanza stabile nel corso dello sviluppo. La Main ha approfondito gli studi sulla trasmissione intergenerazionale degli stili di attaccamento, indagando le dinamiche attraverso cui le rappresentazioni mentali dei genitori influenzano lo stile di attaccamento del figlio e il suo modo di rappresentare se stesso e le figure significative, e come paure, fantasie e difese dei genitori vengono internalizzati nei modelli operativi interni del bambino, fino a diventare parte integrante dello sviluppo della sua personalità. Va comunque sottolineato che questo processo non si svolge in modo lineare, si tratta, al contrario, di un processo estremamente complesso e articolato, in quanto nel corso dello sviluppo, l’individuo può sviluppare modelli operativi diversi di sé e dell’altro a contatto con le “qualità” delle relazioni che intrattiene anche con figure di attaccamento diverse nel contesto allargato; inoltre ogni bambino con le sue caratteristiche individuali innate esercita a sua volta delle influenze sul caregiver e sulla relazione, quindi nel corso dello sviluppo, ci possono essere diverse condizioni in grado di modificare i percorsi comportamentali e mentali dell’individuo. Vanno tenuti in considerazione sia i fattori di rischio che quelli protettivi, visti in un modello complesso, multicausale e probabilistico per spiegare i diversi possibili percorsi di crescita in relazione ai fattori di vulnerabilità, alla resilienza individuale e alle esperienze stressanti.
Per fortuna non siamo solo i genitori che ci portiamo dentro. Con in lavoro continuo é possibile, a mio parere, trasformarci nell’adulto che desideriamo essere
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