La sindrome di Stendhal:  turbamento di fronte alla bellezza artistica

la sindrome di Stendhal psicologia e bellezza

“Si usano gli specchi per guardarsi il viso,
e si usa l’arte per guardarsi l’anima” .
George Bernard Shaw

La sindrome di Stendhal fu proposta nel 1997 dalla psichiatra Graziella Magherini, che osservò la comparsa di crisi acute e inaspettate in turisti messi di fronte ad opere d’arte di grande bellezza.
Non si tratta di una sindrome in realtà, viene classificata come una manifestazione psicosomatica transitoria che può includere sintomi come tachicardia, capogiro, vertigini, confusione, e può manifestarsi in  persone  che  contemplano opere d’arte di particolare bellezza, soprattutto se queste si trovano in spazi stretti.
Dal punto di vista neurobiologico un’ interpretazione di questo fenomeno sembra collegarlo a particolari aree del cervello deputate al riconoscimento di caratteristiche significative dell’oggetto rappresentato nell’opera d’arte, che si attivano alla vista  dello stimolo artistico innescando un forte vissuto emotivo.

Dal punto di vista psicologico una delle spiegazioni che vengono date a questo fenomeno è quella che richiama il concetto freudiano di “perturbante” , fa riferimento ad un fenomeno di regressione che richiama un’esperienza conflittuale passata rimossa, molto significativa da un punto di vista emotivo che ritorna prepotentemente attiva nel momento in cui c’è l’incontro con l’opera d’arte e in particolar modo con un particolare dell’opera sul quale la persona concentra tutta la sua attenzione, richiamando alla mente vissuti personali e, quindi, conferendo all’opera uno specifico e personale significato emozionale responsabile dello scatenamento della sintomatologia. I meccanismi psichici interessati in questo caso sono: la regressione, l’identificazione, l’empatia e l’identificazione proiettiva. Anche la musica può generare un impatto simile, infatti non è un’ opera specifica ad indurre l’effetto Stendhal ma piuttosto alcune caratteristiche estetiche che, in concomitanza ad altri fattori, tra cui la storia personale dell’osservatore, possono suscitare in lui impressioni molto forti.
La prospettiva psicoanalitica vede nell’arte un tentativo, da parte dell’autore, di trasporre i propri conflitti inconsci e le fantasie represse, sublimandole nell’opera creata. Le componenti angoscianti  restano così impresse nei dettagli dell’opera e catturano l’attenzione dello spettatore; in alcune persone tali particolari sono in grado di evocare  esperienze personali incisive, al punto di generare i sintomi descritti.
Freud nel  suo saggio “Il Mosè di Michelangelo” parla della funzione perturbante della bellezza; durante un soggiorno a Roma,  si reca ogni giorno visitare la statua del Mosè e rimane affascinato dalla perfezione dell’opera e dal personaggio, scrive: ”nessun’altra scultura ha mai esercitato un effetto più forte su di me”. Riflette su come l’osservatore possa essere colpito dall’arte, ricreando in se stesso la disposizione d’animo che probabilmente ha spinto l’artista nella creazione,  “La mia attenzione è caduta sul fatto, apparentemente paradossale, che proprio alcune delle creazioni artistiche più meravigliose e travolgenti sono rimaste oscure alla nostra comprensione. Le ammiriamo, ci sentiamo sopraffatti dalla loro grandezza, ma non sappiamo dire che cosa rappresentino.[…] Ciò che ci avvince con tanta forza non può essere a mio modo di vedere se non l’intenzione dell’artista, nella misura in cui egli sia riuscito esprimere tale intenzione nella sua opera e a renderla intelligibile i nostri occhi. Mi rendo conto che non può trattarsi di una comprensione puramente razionale: deve destarsi noi la stessa disposizione affettiva, la stessa costellazione psichica che ha spinto l’artista alla creazione. Se l’opera d’arte è davvero l’espressione che noi cogliamo delle intenzioni e dei moti dell’animo propri dell’artista, essa dovrà dopotutto consentire tale analisi. Peraltro, per penetrare questa intenzione, devo comunque rintracciare anzitutto il senso e il contenuto di quel che è raffigurato nell’opera d’arte, devo cioè poterla interpretare”.
In generale dunque, la contemplazione di un’opera d’arte può provocare un intenso stupore che si tramuta in profonda emozione, in grado di suscitare commozione, questo è proprio il fine della creazione artistica.
In alcuni casi al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza, soggetti particolarmente sensibili  possono avvertire uno stato di confusione, tremore accompagnato da tachicardia, vertigini e allucinazioni; nonostante i sintomi possano essere fastidiosi, se sperimentati in modo transitorio ed occasionale, non sono segno di squilibri psicologici, generalmente non c’è bisogno di fare nulla, la situazione si risolve da sola.

Pubblicità

2 risposte a "La sindrome di Stendhal:  turbamento di fronte alla bellezza artistica"

Rispondi

Effettua il login con uno di questi metodi per inviare il tuo commento:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.