“Si raffiguri l’anima come la potenza d’insieme di una biga alata e di un auriga. Ora tutti i cavalli degli dèi e i loro aurighi sono buoni e di buona razza, ma quelli degli altri esseri sono un po’ sí e un po’ no. Innanzitutto, per noi uomini, l’auriga conduce la biga; poi dei due cavalli uno è nobile e buono, e di buona razza, mentre l’altro è tutto il contrario ed è di razza opposta. Di qui consegue che, nel nostro caso, il compito di tal guida è davvero difficile e penoso”. (Platone, Fedro)
Per gli dèi è facile guidare la biga poichè entrambi i cavalli sono buoni e obbediscono ai comandi, mentre per gli uomini è difficile perchè uno dei due cavalli è difficile da domare. Le anime degli dèi quindi hanno le ali, sono ben guidate e riescono a contemplare il mondo delle idee, mentre quelli degli uomini sono ostacolate dalla difficile gestione del cavallo nero, alcune più di altre, perdendo le ali, scendono reincarnandosi e solo alcune che hanno potuto contemplare le idee riescono ad incarnarsi in persone sagge. Lo scopo delle anime è arrivare all’Iperuranio, perchè lì si trova “il pascolo congeniale alla parte migliore dell’anima”, un luogo non fisico, dove si trovano le “essenze”, visibili solo dall’intelletto (auriga che alza la testa), la giustizia, la temperanza, la scienza, e a seconda di quanto un’anima riesca a vedere potrà portare con sè il ricordo della verità che ha conosciuto. Spesso la visione che si è avuta del mondo delle idee è solo frammentaria e parziale: “Ma fra le anime, quella che meglio è riuscita a seguire un dio e somigliarvi, eleva il capo nella regione superceleste, ma essendo travagliata dai suoi cavalli contempla a fatica le realtà che sono; altre anime sollevano il capo e poi lo abbassano subendo la violenza dei cavalli, parte de quelle realtà le vede, ma parte no”, tutte vogliono arrivare in alto ma alcune “non ne hanno la forza, sommerse, sono sospinte qua e là, cadendosi addosso si calpestano a vicenda”, ne consegue un gran scompiglio, e l’auriga non riuscendo più a governare la biga, spezza le ali e cade, diventando un essere mortale che vivrà secondo quanto ha potuto vedere del mondo delle idee.
Freud in L’Io e l’Es descrivendo le dinamiche della mente usa una metafora molto vicina al mito platonico “L’Io può essere paragonato, nel suo rapporto con l’Es, al cavaliere che deve domare la prepotente forza del cavallo, con la differenza che il cavaliere cerca di farlo con mezzi propri, mentre l’Io lo fa con mezzi presi a prestito. Come il cavaliere, se non vuole essere disarcionato dal suo cavallo, è costretto spesso a ubbidirgli e a portarlo dove vuole, così anche l’Io ha l’abitudine di trasformare in azione la volontà dell’Es come se si trattasse della volontà propria”.
La descrizione dell’anima di Platone presenta somiglianze con la teoria freudiana della mente, semplificando un po’ possiamo assimilare l’auriga all’Io di Freud che cerca di destreggiarsi tra le pressioni dell’Es e quelle del Super Io, dove la parte irrazionale dell’animo umano (l’Es e il cavallo nero del mito) hanno un grosso ruolo, incidono sulle nostre vite molto più di quanto ci piace pensare. Freud sottolinea quanto l’uomo non sia “padrone in casa propria”, dovendo fare i conti con quelle pulsioni che la mente tende a nascondere, ma che riemergono nei sogni e nei sintomi. Freud nella seconda topica suddivide l’inconscio in tre entità funzionalmente distinte: l’Es che è costituito dalle nostre pulsioni e desideri più reconditi, il Super Io , che costituisce la “coscienza morale” e si contrappone alle spinte provenienti dall’Es con i principi e i valori dell’etica e gli ideali che ciascuno si è formato, quell’insieme di norme e divieti che abbiamo interiorizzato in età infantile ed adolescenziale e l’Io, la parte più razionale che fa da tramite o da cuscinetto tra le spinte impulsive dell’Es e le norme morali del Super Io.
L’Es può accostarsi all’irruenza del cavallo nero del mito, difficile da domare, sede delle pulsioni e degli istinti; il Super Io invece può essere paragonato al cavallo bianco, comprende gli ideali e i valori alla base delle nostre scelte, si è formato dall’educazione e dall’introiezione di norme morali, un po’ più facile (ma non sempre) da guidare rispetto ai lati più oscuri ed istintivi del cavallo nero. L’Io, è quella parte del funzionamento mentale, che cerca di mediare e armonizzare il più possibile il rapporto tra le varie istanze e tra l’individuo e la realtà esterna, e spesso come l’auriga di Platone si trova affaticato a sopportare diverse pressioni, in diverse direzioni contrastanti e, come nel mito, quando l’Io riesce a guidare abbastanza bene mantiene un buon equilibrio. Il compito dell’Io è difficile, poichè sottoposto a continue tensioni e spinte spesso in contrasto tra loro, ma è molto importante che riesca a trovare un giusto equilibrio poichè questo consente una buona stabilità psicologica, un buon adattamento sia interno sia col mondo esterno, quando invece l’Io fallisce il suo compito di mediatore hanno origine disturbi psicologici e disadattamento. Esiste un rapporto dinamico tra queste tre parti della mente, un Io ben strutturato, secondo Freud, fornisce all’individuo una soddisfacente capacità di adattarsi alla realtà e di interagire in modo sufficientemente adeguato con il mondo esterno, e forse possiamo accostare questo buon equilibrio psichico e buon adattamento alla realtà esterna, a ciò che Platone descrive come l’aver guardato sufficientemente a lungo l’Iperuranio, che porta quindi alle “anime sagge”, cioè ad una maggiore conoscenza di sè e di autoconsapevolezza. Il mantenimento della coordinata guida di entrambi, secondo Platone, è assolutamente necessario per la stabilità di tutto l’insieme e per il proseguimento verso la meta stabilita e quindi, metaforicamente, per il corretto ed equilibrato funzionamento della mente umana. Platone non concepisce l’ anima come un’ entità stabile e definita, ma come una situazione “in divenire”, che richiede continue ridefinizioni, così come nella teoria freudiana c’è un continuo lavoro di dialogo e aggiustamento tra le varie forze in campo, ed è qui che si inserisce il lavoro della psicoterapia che viene in aiuto all’auriga quando non riesce a destreggiarsi tra i due cavalli e la confusione esterna, nel tentativo di renderlo più esperto nella guida.
Sono d’accordo nel ritenere che la seconda topica freudiana abbia la sua radice nel mito della biga alata. Platone non finisce mai di sorprendere.
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